FRAGILITÀ AMBIENTALI
Curatore: Francesco Domenico Moccia
LA DIFESA DEL VERDE URBANO
Fin dalla fondazione i membri dell’INU si preoccupano di un armonioso rapporto tra uomo e natura ed elaborano modelli di città organizzati in nuclei contenuti ed indipendenti in modo da garantire un accesso agli spazi liberi da parte di tutti gli abitanti. Questi schemi avrebbero dovuto guidare la crescita tumultuosa delle città industriali grazie allo strumento del Piano Regolatore (Fig. 1). Quando la crescita superava i confini comunali, nelle grandi metropoli, doveva intervenire la pianificazione regionale. Negli anni successivi, l’INU si è sempre battuta per tutelare e sviluppare le aree verdi all’interno delle città, dotando, nelle previsioni urbanistiche tutte le città e tutte le parti di ciascuna città di una quota uniforme di verde attrezzato e di impianti sportivi. Alla fine degli anni ’90 emergono altre qualità del verde: l’agricoltura urbana, le nascoste potenzialità degli incolti e delle aree interstiziali (Fig. 2). Si va verso un piano del verde di ricucitura, articolazione di funzioni, potenziamento dei servizi ecosistemici.
LA TUTELA DEL PAESAGGIO IN UNA PROSPETTIVA DI SVILUPPO
Nel 1961 l’INU propone il Codice dell’Urbanistica e il capitolo sul paesaggio, affidato a G. De Carlo, sostiene che la dicotomia tra conservazione e sviluppo si risolve all’interno di una pianificazione urbanistica e territoriale integrata, attenta ad entrambe le istanze. Negli anni ’80 la Legge Galasso impone vincoli imposti per legge e diventa ancora più necessario fare in modo che la tutela faccia parte di un coerente progetto di territorio. Tuttavia l’idea di paesaggio conquista la cultura degli urbanisti che l’assumono come chiave interpretativa della forma dell’insediamento (Fig. 3). Dalla metà degli anni ’90 la progettazione urbanistica richiede strumenti di supporto come la Valutazione Ambientale Strategica, gli atlanti di paesaggio, gli indicatori di qualità paesaggistica, gli indicatori di Landscape Ecology. L’ultima stagione della declinazione del paesaggio matura con l’approvazione del Codice e la nuova generazione dei piani paesaggistici, con l’estensione del diritto al paesaggio a tutto il territorio e l’avvio delle strategie di riqualificazione paesaggistica (Fig. 4).
AL RIPARO DA FRANE, ALLUVIONI E TERREMOTI
Il 1966 è anno cruciale perché si verificano la frana di Agrigento (19 luglio), l’alluvione di Firenze e l’allagamento di Venezia (entrambe il 4 novembre), che terranno banco all’XI congresso dell’INU. Urbanistica n. 48 pubblica la relazione della commissione d’indagine sulla frana di Agrigento, nominata dal Ministro Mancini e presieduta da Antonio Martusciello. La risposta della L. 765/67 è il potenziamento e l’estensione delle norme urbanistiche per impedire le costruzioni selvagge. Venti giorni dopo l'evento di Firenze è stata costituita la Commissione Interministeriale per lo studio della Sistemazione idraulica e della Difesa del suolo, presieduta da Giulio De Marchi da cui proviene la Legge 183/89 per garantire la sicurezza della popolazione. L’INU continuerà a seguire con attenzione la pianificazione dei bacini idrografici e le norme di prevenzione dei rischi idraulici e idrogeologici sono inseriti nella pianificazione urbanistica. L’importanza dei bacini idrografici continua a crescere come base di riequilibrio ambientale, rafforzamento dei corridoi ecologici, unità di pianificazione d’area vasta. Alla fine della prima decade del 2000, i piani urbanistici incorporano il rischio sismico, il rischio vulcanico, i rischi provenienti da incidenti industriali e si procede ad una visione integrata di tutti i rischi naturali ed antropici. Prevenzione del rischio e ricostruzione post-sismica, nei piani e nelle attuali ricerche delle Sezioni INU del Centro Italia, si pongono sempre in una prospettiva di sviluppo.
PIANI PER LO SVILUPPO SOSTENIBILE
All’inizio del nuovo millennio la sostenibilità nei piani urbanistici è sviluppata con la ricognizione e la tutela delle risorse naturali e delle qualità del territorio (nella componente strutturale). Successivamente diventano punti di partenza per il progetto urbanistico, generando processi di rinaturazione, sistemi di parchi, reti di mobilità dolce. Ora che gli interventi si rivolgono alla trasformazione del costruito, l’INU propugna una rigenerazione urbana inclusiva della crescita economica, sociale ed ambientale, per superare i limiti delle semplici sostituzioni edilizie che aumentano il carico ambientale ed espellono gli abitanti meno abbienti. Tra le varie tendenze che articolano l’ecologismo, nell’INU la scelta di favorire i processi coevolutivi di uomo e natura appare il percorso più fertile per guidare la pianificazione. Spazio ancora maggiore per la sostenibilità si trova nei piani provinciali. Infatti, nella grande frammentazione amministrativa del nostro paese, la dimensione provinciale si presenta come scala giusta per regolare zone agricole di pregio e reti. Dopo che il IV Rapporto dell’IPCC aveva ribadito la causa antropica del riscaldamento globale e il ruolo centrale delle città, l’urbanistica avverte la responsabilità di dover contribuire alla riduzione dell’emissione dei gas climalteranti promuovendo una nuova forma urbana che riduca la mobilità meccanizzata, gli sprechi energetici e consenta la produzione d’energia da fonti rinnovabili. Il benessere e la salute dei cittadini vanno assicurati con la riduzione delle isole di calore, dell’inquinamento dell’aria e delle acque.
CONTRASTO AL CONSUMO DI SUOLO
Il suolo è un impegno di studio costante e sistematico del Centro di Ricerca sul Consumo di Suolo dell’INU che nasce nel 2008 presso il Politecnico di Milano e che pubblica un rapporto annuale. Con lo studio delle esperienze internazionali e la ricognizione delle normative, produce conoscenze e proposte per le politiche di tutela di questa risorsa non rinnovabile e programmi di formazione. Il centro esercita una influenza costante sui gruppi di lavoro e nelle manifestazioni pubbliche e funge da modello all’Osservatorio sul Consumo di Suolo in Campania, nato nel 2015, con attività partecipate di educazione ambientale.
Approfondimento
COME LE CITTÀ POSSONO SOPRAVVIVERE AI TERREMOTI
Oggi rendiamo antisismiche case e fabbricati, ma possiamo fare in modo che una piccola città, un quartiere, o perfino una metropoli possa sopravvivere al meglio ad una scossa pur non disponendo delle risorse per mettere in sicurezza tutte le sue costruzioni?
Il primo coinvolgimento dell’INU nella fragilità sismica italiana avviene a ridosso del riconoscimento normativo della “prevenzione” affidata alle Regioni dall’art. 20 della L. 741 del 1981. Si è appena verificato il terremoto dell’Irpinia, in cui molti dei membri e soci INU saranno impegnati per la ricostruzione. In particolare a Napoli, Vezio De Lucia che successivamente diventerà assessore della giunta Bassolino. Ad Ancona l’11-13 gennaio 1982 si celebra il Convegno nazionale: “Ancona 10 anni dopo. Sismicità, prevenzione, ricostruzione in Italia”. La Regione Marche, prima in Italia intende dotarsi di una normativa di prevenzione e l’INU collabora per definire i parametri urbanistici di sicurezza per resistere al sisma e propone nuclei urbani minimi in sicurezza.
La conoscenza urbanistica ed edilizia è la base di partenza per costruire la mappa dal grado di resistenza alle scosse sismiche prevedibili, da cui emergono scenari degli effetti di un terremoto. L’individuazione dei luoghi di danno maggiore indirizza gli investimenti per la messa in sicurezza in modo prioritario, avvantaggiandosi delle proprietà pubbliche come le scuole, gli uffici, gli impianti sportivi. Questo nucleo maggiormente resistente potrebbe ospitare in loco ed in fabbricati (invece che tende) la popolazione, opportunamente allertata dalla Protezione Civile appena i primi segnali premonitori vengono registrati (Fig. 5). Il piano deve prevedere tutte le operazioni per mettere in salvo la popolazione locale, stabilendo le vie di fuga per raggiungere i rifugi sicuri, prevedendo quelle che restano libere da macerie, i punti di raduno e quelli di ricovero. Stabilire le modalità di approvvigionamento e di ricovero. In parte, queste programmazioni sono state assorbite nei piani di protezione civile ma quello che rimane meno attuato è il finanziamento ed esecuzione del consolidamento dei fabbricati secondo un piano coerente teso alla costruzione di un selezionato ed organico nucleo.
Oggi, che il concetto di resilienza è diventato trainante delle politica per la sicurezza territoriale, questa proposta dell’INU appare anticipatrice di un approccio che successivamente ha preso piede: trovare i modi non solo per ridurre la vulnerabilità dei beni esposti alle calamità naturali, ma progettare i processi di adattamento per ritrovare, dopo, l’evento, un nuovo equilibrio di sopravvivenza.